mercoledì 1 febbraio 2012

Il criceto e la tartaruga

Dopo 3 mesi dal pagamento di un abbonamento annuale in palestra, sabato mi sono finalmente risolto a prestare il mio volto a una webcam a bassissima definizione per farmi fotografare e far figurare il mio volto (scuro e sgranatissimo) su una tesserina della 20-Hours, la catena discount dei body builder milanesi.


A fronte di un importo decisamente contenuto (frutto di abile contrattazione da parte di una moglie cammelliera), ho a disposizione una specie di enorme garage pieno di gente disposta a tutto pur di raggiungere il karma agognato dall'uomo moderno al quale si dà il nome di corpo tonico.
Faccio una rapida visita all'essenziale spogliatoio, infilo maglietta e pantaloncini Kalenji, finalmente fletto i muscoli e sono nel vuoto.
La segretaria, solerte, mi presenta l'istruttore, Aron, che mi prende subito sotto la sua ala, tra il deltoide del cobra e un bicipite grande come il mio busto.
Lo guardo, sorrido cordiale. Esordisco: "Io vorrei  correre..."
Aron mi blocca: "Certo, 10 minuti di corsa. Quindi, addominali. Crunch". Vorrei fermarlo e dirgli, che, sì, possiamo fare tutto, anche il crunch, che mi sembra una marca di schifezze per adolescenti come il Mars e il Twix, ma queste attività hanno un ranking piuttosto in basso nella mia scala di priorità. Ma non c'è tempo, mi porta con lui. Si distende sul tappetino e, concentratissimo, comincia ad agitarsi.
"Dicevamo, addominali. Prima quelli alti. 20 ripetuti 3 volte. Quindi quelli bassi" e giù che si danna a farmi vedere come dovrei fare e a dimostrarmi che lui è in grado di effettuarne 12 serie da 80 senza neanche sudare. Inebetito, annuisco.
"Poi, potenziamento pettorali. Le macchine al piano di sopra. Full body, un mese". Mi faccio coraggio. Gli spiego che il mio obiettivo non è fare del mio fisico un modello per l'umanità e che, considerato che non faccio attività fisica da luglio scorso, è già un miracolo che riesca ancora a camminare.
Aron mi fissa, deluso. "Ah, ok. La macchina per correre è là" e se ne va.


Forse ho spezzato il cuore a un instruttore. Tremo all'idea di aprire l'homepage del Corriere e venire a sapere di un certo trainer (a Milano si dice così) che si sia nottetempo impiccato a un bilanciere, sfiduciato dalla sua incapacità di essere il guru del muscolo trapezio.


In ogni caso, dal mio punto di vista, ho finalmente carta bianca per fare quello che mi pare. Tra tutti i tapis roulant per correre, scelgo quello più tattico per sostenermi il morale. A sinistra, 45enne al terzo infarto al quale il cardiologo ha intimato di fare qualche tipo di attività fisica per levarsi la soddisfazione di scavallare almeno quota 50. A destra, signore obeso che, pur camminando, suda come una bestia. In mezzo, io, mingherlino e con la massa grassa di un hipster.
Finalmente, il mondo vede la nascita di un nuovo criceto. Davanti a noi, specchi. Dietro di noi, specchi. Corro. Io e i miei compagni di viaggio, passo dopo passo per rimanere sempre nello stesso punto, ci vediamo proiettati nell'infinito, milioni di criceti come noi che corrono alle nostre spalle, milioni di criceti come noi davanti. Ognuno nel suo silenzio, nel suo infarto, nella sua obesità, nelle sue ossa. 
Accerchiato, smarrito, prendo l'iphone e mi caccio le cuffie nelle orecchie per non sentire i rantoli dei miei sodali. In modalità riproduzione causale, parto bene con un qualche successo dance dell'estate scorsa, tanta cassa allegria estate pelli abbronzate vacanze sole mojito. Non ho tenuto conto del gran caos che è la libreria musicale del mio telefono e della blasfema coesistenza tra canzoni fracassone e brani di lettura spirituale. Capita così che quando mi sto avviando a chiudere con brio il primo chilometro, parte una delle meditazioni di San Josemarìa che sono solito ascoltare quando vado a lavoro. Da quel momento, la cosa si ripete piuttosto spesso, intervallandomi Pitbull e David Guetta con "Il Cuore di Gesù, pace dei Cristiani" e passi dell'enciclica "Spe salvi" del nostro Papone BXVI. In cuor mio, mi riprometto di ovviare suddividendo le canzoni nelle due playlist "Spirito" e "Corpo" appena arrivato a casa.


La cosa bella di correre su una macchina stando fermi, è la possibilità di farsi un'idea del mondo che ci sta attorno. La palestra, in questo senso, permette di dare uno sguardo all'umanità nella sua versione più disperata. Ve lo posso confidare: ho visto esseri umani soffrire come bestie. Ho visto la sofferenza scolpita nei tratti delle persone, sfigurarne i volti, dilaniarne lo sguardo. Sforzi supremi, sfide impossibili. Tonnellate di ferro, del valore ben noto, sollevate con urla, sfidando quel grande nemico della gravità. Muscoli gonfi all'inverosimile, tendini tesi fino alla spasmo, tutto per cercare di avere un corpo perfetto.
Da un punto di vista umano, è stata un'esperienza superiore alle mie capacità di comprensione. La mia corsa di 35 minuti sul tapis roulant (oltre quanto mi aspettassi, lo confesso) è proseguita velocemente verso casa.
Ora so cosa sia il dolore. Se queste cose non le vivete non potete capire, non potete.

1 commento:

  1. non per abbattere la tua voglia di sport...ma lo sai vero che i criceti impazziscono a correre sulla ruota?
    occhio....

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