Saschia non mi ha capito da subito (qualcuno ironizzerà sul fatto che anche ora abbia delle difficoltà, ma farò finta di ignorarlo). Prima di arrivare a quella complicità figlia di anni di frequentazione (e di sopportazione, aggiungerei, ma farò finta di ignorarmi) c’è stato qualcun altro nella famiglia Masini che mi ha apprezzato davvero e si è gettato al collo, ben prima –molto prima- di quanto abbia fatto Saschia.
Quando ci siamo incontrati per la prima volta ha voluto dimostrarmi il suo affetto prendendomi al collo e quasi gettandomi a terra, guardandomi con occhi grandi e profondi. Un fiuto infallibile. Mentre nessuno credeva in noi, forse nemmeno noi stessi (si vocifera addirittura di “amici” che si facevano beffe della lealtà e sconsigliavano a uno di frequentare l’altro), lui c’era. Io così ero già uno dei Masini, prima di parlare con Tatiana, prima di discutere di calcio con Marzio, prima di confrontarmi con le due sorelle, che per il momento credo avessi visto a malapena in qualche foto.
Gli sono grato per questo. Davvero. Con Saschia non è andato tutto liscio fin dall’inizio. Direi anzi che ci siamo conquistati senza scorciatoie, con qualche sana sportellata, soffrendo anche per lunghi periodi. Tra tutti, lui, in quell’inizio così tormentato, ha sempre dimostrato in me una fede incrollabile, un attaccamento senza precedenti, un’adesione totale e mai interessata.
Si chiamava Ubaldo. Era il cane di casa. Parlo al passato perché ora non c’è più. E’ sulla sua nuvolina e ci guarda dall’alto. Non sono un amante degli animali ma sono convinto che il 4 settembre ci sarà un po’ anche lui a fare il tifo, con la sua mole gigantesca da lupano, le movenze scomposte e il suo sbavucchiare incurante e adorabile.
Ubaldo, sì, primo tra i Masini, mi ha voluto molto bene.