giovedì 25 febbraio 2010

Uno di famiglia

Saschia non mi ha capito da subito (qualcuno ironizzerà sul fatto che anche ora abbia delle difficoltà, ma farò finta di ignorarlo). Prima di arrivare a quella complicità figlia di anni di frequentazione (e di sopportazione, aggiungerei, ma farò finta di ignorarmi) c’è stato qualcun altro nella famiglia Masini che mi ha apprezzato davvero e si è gettato al collo, ben prima –molto prima- di quanto abbia fatto Saschia.
Quando ci siamo incontrati per la prima volta ha voluto dimostrarmi il suo affetto prendendomi al collo e quasi gettandomi a terra, guardandomi con occhi grandi e profondi. Un fiuto infallibile. Mentre nessuno credeva in noi, forse nemmeno noi stessi (si vocifera addirittura di “amici” che si facevano beffe della lealtà e sconsigliavano a uno di frequentare l’altro), lui c’era. Io così ero già uno dei Masini, prima di parlare con Tatiana, prima di discutere di calcio con Marzio, prima di confrontarmi con le due sorelle, che per il momento credo avessi visto a malapena in qualche foto.
Gli sono grato per questo. Davvero. Con Saschia non è andato tutto liscio fin dall’inizio. Direi anzi che ci siamo conquistati senza scorciatoie, con qualche sana sportellata, soffrendo anche per lunghi periodi. Tra tutti, lui, in quell’inizio così tormentato, ha sempre dimostrato in me una fede incrollabile, un attaccamento senza precedenti, un’adesione totale e mai interessata.
Si chiamava Ubaldo. Era il cane di casa. Parlo al passato perché ora non c’è più. E’ sulla sua nuvolina e ci guarda dall’alto. Non sono un amante degli animali ma sono convinto che il 4 settembre ci sarà un po’ anche lui a fare il tifo, con la sua mole gigantesca da lupano, le movenze scomposte e il suo sbavucchiare incurante e adorabile.
Ubaldo, sì, primo tra i Masini, mi ha voluto molto bene.

martedì 23 febbraio 2010

28 e non sentirli

Quando invecchiare è una sicurezza per il fisico. Dello spirito non mi sono mai preoccupata. Vecchio in partenza, come piace a me.
Ottimo auspicio per il futuro!
Auguri amore.

S.

domenica 21 febbraio 2010

La realtà delle cose - atto II

La realtà delle cose parla di fatti.
I fatti hanno l'odore di pop corn misti a fumogeni. Il sapore di sigarette, canne e tutto lo scibile fumabile. Il rumore di bestemmie (con conseguenti atti di riparazione), infamate all'arbitro, cori, commenti e nefandezze verbali di vario tipo.
Come avrete intuito siamo allo stadio. Fiorentina Livorno. Il tempo (metereologico) ci avvicina più a una tempesta che a una domenica pomeriggio di città. Sembra di essere sulla nave dei corsari.
Con la mia benda sull'occhio e il coltellaccio tra i denti mi volto verso Capitan Albertino, che, dal suo posto, grattandosi il mento, scruta l'orizzonte della porta avversaria. Azione della viola. Gol sbagliato clamorosamente.
Il pirata che è in lui esce fuori. Si alza, diventa rosso, urla, impazzisce, agisce.
L'Artemio Franchi da oggi pomeriggio ha un seggiolino in meno. Il pirata ha lasciato il segno.

S.

PS: E proprio a quel seggiolino dedichiamo i nostri 6 anni di fidanzamento - che festeggiamo oggi. Allo stadio.

giovedì 18 febbraio 2010

Scusami se chiedo il divorzio

alberto. scusa ma ti voglio sposare.
scusa ma ti chiamo amore, tesoro, trogolo, troiaio, bestia o, quando la creatività mi abbandona, albe.
scusa ma facciamo non uno ma due corsi prematrimoniali. scusa ma proviamo a prepararci, sapendo benissimo che il difficile inizia dopo il si e non prima.
scusa se non andremo a cena fuori per i prossimi 3 anni (forse anche 4) o se i nostri amici non sono abbastanza interessanti da regalarci brividi andando a baccagliarsi le diciassettenni.
scusami se penso che il matrimonio sia indissolubile, che sia lecito uscire di casa sbattendo la porta, per poi riaprirla due minuti dopo.
scusami se penso che dire "ci manca l'amore" sia una delle cretinate più grosse che ho sentito nell'ultima settimana (perchè di cretinate ne sento parecchie, soprattutto questa settimana) nemmeno fosse un litro di latte. "Ups! è finito l'amore! aspetta che vado al supermercato a comprarlo, torno subito, a meno che non trovi una nuova bevanda afrodisiaca che mi ispiri di più."
scusa se spero, a quarant'anni, di non rimpiangere di essere una ventenne e di non far credere alle persone che tutto fa schifo solo perchè nella mia vita non sono stato capace di fare un cazzo.
scusami se sono scurrile, ma in fondo a volte serve.
e soprattutto, scusami, scusami, scusami se, ancora oggi in questo mondo così civilizzato, provo ancora a usare il congiuntivo.

sabato 13 febbraio 2010

La realtà delle cose


Dopo tanti anni di fidanzamento, io e Saschia ci conosciamo molto bene. Non sarei tuttavia sicuro di lanciarmi nell’avventura matrimoniale se lei non mi avesse mai visto dal vivo allo stadio per almeno una dozzina di partite. Rimanga tra noi, ma questo è uno dei motivi per cui le ho regalato un abbonamento in passato, incorrendo nel biasimo della maggior parte degli amici.
Nel caso di un monomaniaco calcistico come me, malattia alla quale si è recentemente affiancata una necessità di saldare riferimenti identitari per via dell’esilio milanese, lo stadio rappresenta un ambiente conoscitivo ideale per il futuro coniuge. I nervi si scoprono e con essi la trama dell’animo umano, che mostra i propri connotati più ferini.

Era giusto che Saschia sapesse. Le avevo già raccontato in passato del mio concetto di calcio come esperienza catartica ma non potrei giurare che avesse capito. E’ una reazione comune. Quando parlo con la luce negli occhi di:
  • seggiolini divelti
  • cassonetti incendiati
  • l’odore fumoso e pungente dei fumogeni (“Mi piace l’odore dei fumogeni, la sera…”)
  • quello scarabeo bianco che scorrazzava impennando sotto la fiesole (fiorentina-juventus 1-0, Oliveira che crossa dalla trequarti, Batistuta che salta 40 cm più di Montero, la palla si insacca e lui che esulta suonando la chitarra, seguono cori irriguardosi nei confronti di marcello lippi)
  • rotolare per 20m giù dalle gradinate della fiesole per un gol di edmundo sotto il diluvio (Fiorentina Udinese 1-0, al 90’ Edmundo-Rui Costa che chiude il triangolo-Edmundo che si ferma un istante per guardare il portiere avversario e lo trafigge con un bolide all’incrocio, poi chissà che è successo io sono volato di sotto e la gente cantava anche sui motorini, in mezzo al traffico del ritorno)
…insomma quando faccio una lista dei motivi per cui valeva la pena andare allo stadio, la gente mi guarda strano, forse interrogandosi sulla contraddizione tra una persona apparentemente posata e uno spirito da ultras anni ‘70. D’altra parte, faccio notare che alcune ipotesi su Jack lo Squartatore lo dipingono come membro della famiglia reale inglese. A scanso di equivoci, sia chiaro che non voglio che le persone si facciano male, semplicemente preferisco che l’esperienza “stadio” non sia una festa. Il calcio non può esserlo, essendo invero una questione molto seria. Forse se la Fiorentina fosse una squadra vincente, la penserei diversamente. La capacità di sofferenza maturata in questi anni (pochissime gioie, sempre) mi rende una persona più matura, tanto che ho pensato anche di inserirlo come esperienza di vita nel curriculum (non molti sarebbero capaci di accettare tutto quello che ho vissuto io con fede incrollabile).

Raccontando questo tipo di esperienze colorite, vissute poco più di dieci anni fa, sembra di confrontarsi con il pleistocene. Lo stadio oggi è cambiato, è arrivato il terzo tempo, il divieto agli striscioni, i tornelli, gli steward, Sky e tutto quelle baracconate che hanno strappato dal gioco quel quid di evasione che rendeva felici i calciofili, a beneficio di soggetti che poco hanno a che vedere col calcio, come le comitive familiari.
In ogni caso, già il fatto di ammettere da parte mia la liceità della presenza femminile è stato un grosso passo avanti, indice del mio grande amore (che Saschia ha subito colto con gratitudine).
Dico questo perché allo stadio do il peggio di me ed è giusto conoscermi in questi aspetti. Saschia accetta, senza sembrare particolarmente disturbata.

Da parte mia, l’altra sera in occasione di Fiorentina Roma credo di aver dato una pessima prova di me. La partita si prestava, possedendo tanti dei fattori che Nick Hornby in “Febbre a 90” identifica come cruciali per rendere interessante un incontro di calcio. Tra questi vorrei ricordare:
  • un avversario particolarmente odioso e scorretto
  • rivalità extracalcistiche tra il granducato (felice finché non sono giunti quei francesi dei savoia a rovinare tutto) e una città nella quale è più facile vedere una macchina blu di una punto (sia l’auto blu che la punto, in ogni caso, a titolo diverso pagate da noi contribuenti)
  • un arbitraggio ostile e vistosamente asservito all’avversario
  • un portiere che normalmente è topolino ma che contro di noi si trasforma in superman
  • svariate occasioni da gol, delle quali almeno 2 con uomo solo di fronte al topolino di cui sopra
  • un numero imprecisato di tifosi avversari che girano impuniti l’italia lanciando bombe durante la partita e accoltellando “nei pressi dello stadio”
  • una lunga serie di sconfitte nelle partite precedenti, più o meno meritate
  • giocatori che si becchettano tra loro (“t’aspetto fuori” etc.)
  • dei buffi personaggi un po’ su di giri tra quelli che ci circondavano. In particolare, ieri sera l’atmosfera era ravvivata da un vecchino che si rivolgeva a me come se mi avesse conosciuto da una vita. Blaterava qualcosa contro “i’ ferplei”, predicando il ritorno della violenza negli stadi (tra le poche cose che ho colto nel suo eloquio sconnesso: “e’ gli danno la mano… gliele darei io le mani, sì… ma nel viso”)
In questo contesto vivace, mentre io sbraitavo, Saschia non ha fatto una piega. Da un certo momento in poi è quasi sembrato che per lei la temperatura intorno allo zero passasse in primo piano rispetto alla partita, specie dopo il gol della Roma. Da parte mia, mi sono aperto la giacca perché avevo caldo.

Lunedì mattina ero in treno e mi faceva ancora male la gola da quanto avevo urlato la sera precedente. Davanti a me un tipo coi riccioli leggeva le due ampie pagine che Repubblica dedicava alla partita, con i troni trionfali che ben si confanno a un giornale asservito al potere. In cuor mio, non meditavo queste cose, ma ero tentato di tirare fuori un trincetto dalla borsa e fare pulizia.

Ovviamente anche lo stadio è un buono spunto per parlare del futuro. Siamo d’accordo che eventuali figlioli gobbi verrebbero raddrizzati “a suon di calci nel groppone”, dei quali avrei gran piacere a occuparmi personalmente. Possiamo accettare che non nascondano simpatie per le chiassose brigate gialloblu (quelle che impiccano i manichini in curva) e i nostri fratelli granata, ma nulla più.
Qualcuno obietterà che sarei un padre liberticida. Sapete bene invece che sono un fan della libertà mia e degli altri. Per questo sono convinto della necessità di intervenire nelle scelte dei figli.
La scelta del male infatti non è una scelta libera.

A

venerdì 12 febbraio 2010

La fragola, ovvero la sposa


Saschia, moglie di Rembrandt, pittore fiammingo. A chi in passato le ha fatto notare che in verità fosse la sguattera, ribatte che, sguattera o no, alla fine Rembrandt se l'era sposata.
dichiara di amare gli animali ma in verità li odia, come le è stato fatto notare in passato, fatta eccezione per gli amori della sua vita: Lady Killer - che non è un travestito brasiliano ma la sua cavalla - e Alberto.

famosa per i suoi cazziatoni, specialmente all'estero, e per le figure cacine, specialmente con le mamme dei suoi amici.
fervente sostenitrice del ritorno del granduca e di un futuro trasferimento a Conegliano Veneto, la sua seconda casa dopo Baroncelli.

piatto preferito, gnudi, praticamente l'unico motivo per tornare a casa dopo un viaggio.
vino preferito, Tocai (perchè noi siamo puristi e non lo chiamiamo Friulano, in barba agli ungheresi) di Dario Raccaro. esperienza mistica.
da semi astemia ad aspirante sommelier.
da sterminatrice di bambini a zia completamente rimbambita per 4 mostri innamorati della storia del drago Francesco, una presenza fondamentale nella vita di tutti e 5.

mentre con la maturità inizia a essere affezionata al suo naso non riesce ancora, dopo 27 anni di convivenza, ad accettare i suoi polpacci.

da appassionata non rinuncia al tetris, applicandolo alla sua agenda. ne conseguono seri problemi a stare ferma e ad aver poche cose da fare.

innamorata di una banda di quasi diciottenni che vede ogni giovedì sera.

in evoluzione. anzi, meglio, in Cammino.

mercoledì 10 febbraio 2010

Matrimoni affrettati

ho 4 nipoti. althea (6 anni), elia (4), ariel (3), e nina (quasi 2).
3 di loro ieri sera erano a cena da me.

mentre althea ha manifestato la volontà di poter essere una vera damigella e portare le fedi all'altare, volontà dettata dal suo inconscio la scorsa notte, ariel guarda elia con faccia sognante e dice:

"ci sposiamo noi due? "
"no ariel. sei troppo giovane.
e poi io sono già fidanzato. con giulia."

spietato, gelido. l'unica informazione che abbiamo raccolto sulla promessa sposa è che ha un occhio giallo e uno rosso. alla domanda "ma è simpatica?", il nano di 4 anni che ha già capito tutto sulla vita ha scrollato le spalle dicendo "mah, simpatica... così...".

ariel, troppo provata per aggiungere altro, si è consolata con la crema di zucca.
S

PS: grazie a chi so io per l'ispirazione del titolo del post. credo che questo ne sia esempio perfetto.

lunedì 8 febbraio 2010

Il pistacchio, ovvero lo sposo


Entusiasta degli studi classici, si è iscritto a ingegneria. Ancora studente, si mette a lavorare per un’azienda americana che promette di ingaggiarlo e poi non si fa più sentire. Voleva fare una tesi sulle antenne e ne fa una su una metodologia russa la cui unica utilità è diventare il nome del gatto della fidanzata. Da tradizionalista reazionario, vorrebbe ristabilire una società divisa in 3 stati, poi rileva che certi sacerdoti sono più laici di Pannella e ci ripensa. Da amante delle ragazze con gli occhi scuri e un taglio all’orientale, si è innamorato di una con gli occhi grandi e verdi. Appassionato di vino, fugge dalla campagna toscana e si rifugia a Milano a un centinaio di chilometri dalla vite più vicina. Da amante delle verità assolute, legge Buzzati, Kafka e Foscolo. Ama fare il dj ma il partner della società di consulenza in cui lavora lo trova incompatibile con la mission aziendale. Divide un appartamento con uno che faceva le regate e per ora ha lavorato solo a Corsico. Tornano a casa e ciascuno favoleggia sul futuro, complice il jazz (“solo quello giusto”), il whisky (“quelli dell’isola di Islay”) e le vecchie copie del Foglio che usano per coprire i ripiani dell’armadio.

A


Sondaggiog. il primo sondaggio nel blog.

niente cucina, lista, fiori, vestito (ebbene si, lo ammetto, ancora nulla), viaggio, paggetti e damigelle. nessun numero preciso ma una marea di nomi su un foglio excel (è pur sempre un ingegnere...), partecipazioni o inviti. nessun menù.
come vedete la frenesia organizzativa ancora non ci ha toccato.

ma oggi un problemino lo abbiamo trovato. più che altro lui ha trovato noi.
secondo voi è preoccupante non aver scelto ancora una chiesta, considerando solo che il 4 sarà il sabato più gettonato di settembre - a meno che qualcuno non trovi anticonvenzionale sposarsi l'11 -?
2 chiese avevamo scelto e 2 chiese abbiamo abbandonato. più che altro ci hanno abbandonato loro. capienza insufficiente.
ovviamente abbiamo 3 opzioni di riserva che, con santa furbizia, non vi rivelo e invece faccio partire il sondaggio.

quale chiesa votate per la sà e albe?
risposta corredata di spiegazione grazie.

chiunque si senta in grado di dare un consiglio parli ora o taccia per sempre.

s

PS: apprezzo ogni genere di risposta ma pregherei di mantenere un sano realismo. per es. la sagrada familia a barcellona logisticamente ci diventa un pelino complicato. una risposta entro il territorio nazionale sarebbe oltremodo apprezzata.

PPS: e voi tutti sapete che per territorio nazionale intendo quello del granduca.

mercoledì 3 febbraio 2010

il fidanzato immaginario

di corsi non se ne fanno mai abbastanza. soprattutto prima di un matrimonio. e con questo impeto ottimista io e albe ci siamo imbarcati nella difficile arte di comprendere quello che stiamo per fare (manca ancora, ma meglio partire per tempo). forse non lo sapete ma oltre a un corso normale, che vede schierati noi due in attacco e in porta don antonio, io presenzio anche il corso della mia parrocchia, giusto per non farmi mancare nulla.
effettivamente nelle mie giornate sentivo giusto la nostalgia di sentirmi, davanti a 15 coppie, come se:

1) fossi una malata di mente che crede che il 4 settembre si sposerà con un fidanzato immaginario, che per semplificare la vita a tutti ha chiamato alberto - giusto perchè saschia e quintiliano poteva sembrare troppo un frutto dell'immaginazione invece alberto ci può stare perfettamente;

2) stessi lì come una leonessa pronta a zompare al collo di un aspirante marito un po' incerto del passo imminente.

ho giurato già dal primo incontro che il mio fidanzato esiste, aggrappandomi anche a chi poteva testimoniarlo, ma nulla. evidentemente non sono credibile. è vero che non è proprio la cosa più normale del mondo partecipare a un corso prematrimoniale senza (futuro) marito.

prima puntata, prima domanda. prima crisi. "allora decidete insieme quale sia la frase o l'immagine che più rappresenta la vostra unione".

cosa ci rappresenta, chiedo al mio fidanzato immaginario alberto che nessuno può vedere?
silenzio catodico.
e allora eccomi, come una quindicenne, a scrivere messaggi, simulando la coppia 2.0, anzi forse addirittura 3.0, che non ha bisogno di essere fisicamente insieme perchè è unita, anzi linked, dalla tecnologia all'ultimo grido.
oltre che per psicopatica passo anche per maleducata, costretta a spippolare con il cellulare tutto il tempo.
così, tra coppie di conviventi, cani che aspettano in macchina, anelli e date, quasi quasi sto pensando che potrei iniziare a parlare anche con dei testimoni immaginari. oppure il prossimo martedì usare skype.

S

lunedì 1 febbraio 2010

Salbe a tutti!

blog di preparazione al matrimonio. ecco la definizione. un blog che prepari questa fragola e questo pistacchio a essere una cosa sola - non due voci separate - in uno spazio dove non si confondano uno nell'altra. uno spazio dove rimanere ben distinti, ognuno con le sue caratteristiche, difetti amabili e pregi insopportabili, uniti alla base ma diversi nella chioma.

io sono saschia. faccio un mestiere a metà tra l'organizzativo compulsivo e il creativo. inutile specificare che tendo al creativo. per il momento il giorno più importante della mia vita sarà il 4 settembre 2010. non perchè ho sognato che vincerò al winforlife e nemmeno perchè mi inviteranno a vedere una puntata di uomini e donne, ma perchè mi sposerò con Albe.
un ingegnere dj. consulente sommelier. poi vi spiegherà lui l'ordine di priorità.

salbe è l'unione dei nostri nomi, anzi, dei nomi con cui ci chiamano gli amici, Sà e Albe. abbiamo deciso che avremo uno zerbino (ovviamente lo abbiamo deciso prima di sapere quale sarà la casa) con scritto "SALBE!", invece di SALVE (che di per sè è abbastanza triste da non meritarsi nemmeno un punto esclamativo) per essere accoglienti e un po' burloni.
quindi quale nome migliore per il blog in cui invitiamo i nostri amici (e non) a leggere di noi, visto che con un piede a milano e uno a firenze non riusciamo a stare e parlare con tutti come vorremmo?!

qui si parlerà del matrimonio (così saranno sedate tuttE coloro che mi domandano continuamente del vestito!!!!), di noi due (e comunque la risposta è che ancora non sono andata a guardare), delle cose che condividiamo (e non credo assolutamente che sia tardi), di quelle che non condividiamo (o che non troverò più niente), di quelle che condivideremo.

nel fine settimana è spuntata come una mora questa domanda: quale sono gli obiettivi che vorrete dare alla vostra famiglia? dico come una mora perchè la materia ha un bel po' di spine, ma avvincente.
per cosa vale la pena vivere se non abbiamo degli obiettivi, non solo per noi, ma per le persone che ci stanno intorno? qual è il nostro sogno?
perdersi, andare fuori strada, sbagliare, bucare qualche ruota, tamponare. va tutto bene se sappiamo dove vogliamo arrivare.
non credo che l'importante sia il viaggio. scordarsi o non avere cura della propria meta è come preparare un'enorme torta e non arrivare mai a mangiarla.

e io ne voglio mangiare. e come.
s