giovedì 21 febbraio 2013

Casaperta 21 febbraio


Io voto

Tempo di elezioni, tempo di quaresima. Nessun dubbio che questo sia un periodo impegnativo.
Tempo di speranze e tempo di battaglie. Tempo di esaltazioni e di scoraggiamento.

Poi gli scandali.
Attenzione attenzione. Giannino ha detto Master.
Ma, un momento, controlliamo, cerchiamo, ispezioniamo.
Notizia golosissima: il Master non c'è.
Un momento! Ancora meglio: non ci sono nemmeno le lauree.
Uuuh: ecco quello che si cercava. Ecco un bello scandalo, nuovo di pacca. Uno scandalo chiavi in mano che arriva con un tempismo svizzero. E dire che non c'è stato nemmeno bisogno di chiedergli se pensava che fosse giusto che si pagassero le tasse a Cesare.

Ed ecco la domanda, insidiosa ieri, insidiosa oggi. È lecito guarire uno di sabato? È lecito stare per uno che millanta lauree e master inesistenti?

Il fatto è uno. Uno solo. Giannino si è scusato di fronte a tutti. Si è preso le sue responsabilità, come non abbiamo mai visto fare.

E noi, di fronte a questo atteggiamento che cosa siamo stati, che cosa siamo in grado di fare? Di urlare "Barabba, Barabba", di andare giù, sempre più a fondo, di ravanare ancora più nel torbido. Vuoi vedere che magari non ha nemmeno il diploma, se si cerca bene?
Chissenefrega se ha chiesto scusa. Accecati, vogliamo il pubblico ludibrio, crogiuolarci in dettagli inutili, vogliamo lo scandalo, vogliamo il tumulto, la folla che urla, tutti che si parlano addosso. Chissenefraga di capire: l'importante è che il proprio ego abbia avuto la possibilità di urlare, di urlare la propria verità, il proprio - assoluto, egoistico e stupido - punto di vista.
Questo è lo sfogo, l'istinto, che io capisco. Ma se poi non segue nulla, la situazione è grave.
Il populismo regge i comizi in piazza, ma crolla quando deve dare delle risposte serie. Il populismo ha risposte demagogiche, ma sfugge ai confronti.
Non sopportiamo Berlusconi, ma lo show che va in piazza è sempre lo stesso.

Questa è la stessa Italia che sfotte Corona, ma che in verità lo inCorona ogni giorno, questa è l'Italia dei giornalisti che in verità sono tutti paparazzi, certo, paparazzi di altissimo livello, novelli sacerdoti di un rito a cui non possiamo fare a meno: la gogna pubblica.
Ho letto tutti gli articoli usciti sul tema in questi giorni e mi è fisicamente venuto da vomitare per quanto le parole di una persona (che ho sentito con le mie orecchie dal vivo) siano state rigirate, smontate e rimontate, fino a non avere quasi nulla del discorso, della costruzione di partenza. L'unico quotidiano che le riportava con obiettitivà era l'Unità (per una chiara non sovrapposizione dei possibili elettori).
Allora preferisco le foto di gente in spiaggia con o senza mutande, sicuramente fanno meno danno.

Diciamolo chiaro e tondo. Non vogliamo persone responsabili, ma solo teste da impiccare, come in un gioco sadico, con bambole da mettere ogni volta sotto una ghigliottina.
Alzare e tagliare. Alzare e tagliare.
Vogliamo gente che ci prende in giro, che nega l'evidenza, vogliamo lo scandalo a cui stare attaccati come avvoltoi a una carcassa. Non ne possiamo fare a meno, come una specie di masochismo, di auto flagellazione sterile.

La verità è che non vogliamo la chiarezza, perché quando ci viene data non ci basta. Perché non è pizzicorina, perché altrimenti finisce troppo veloce e noi abbiamo pagato il biglietto per qualcosa di più.
Non è vero che apprezziamo la trasparenza, altrimenti tutti apprezzerebbero Giannino che chiede scusa, che si assume le sue responsabilità, che spiega il perché.
A quel perché noi già avevamo chiuso le orecchie, troppo impegnati a urlargli addosso.
Non vogliamo chi ha le palle di dire di fronte agli occhi di tutti "ho fatto una figura terribile ma guardandovi negli occhi chiedo scusa".

Come un adolescente che decide di essere sincero e dire che ha preso 4 a un compito. Se i genitori gliela meneranno per ore, per giorni, dopo che ha chiesto scusa e promesso di rimediare, se i genitori continueranno a rinfacciare quel 4 come se fosse un marchio a fuoco sulla sua coscienza, credete davvero che al prossimo brutto voto il nostro studente dirà qualcosa?

Ci meritiamo le balle, perché non siamo capaci di apprezzare e di onorare la verità.

È stato dadaista, come dice lui, caleidoscopico, poco chiaro.
Ma, di nuovo, mi viene da vomitare a pensare a tutti i trentenni bighelloni e nullafacenti, laureandi dopo anni di ritardo, che dai loro bar, alla quarta pausa caffè della mattina, si sbrodoleranno a vicenda sullo scandalo di questa situazione. Gesù, non avere una laurea!, sparando sentenze a caso su uno che ha lavorato, che si è fatto il mazzo, che ha raggiunto il suo posto senza rubare nulla a nessuno.

E allora invece che confrontarci sui programmi, invece che provare a capirli, di leggerli, di studiarli, invece che fare domande e parlare di cose serie, scanniamoci pure su delle inutili lauree, su un inutile master. Mettiamo alla gogna uno che ha chiesto scusa.
Che bella soddisfazione. Che bella Italia.

Se davvero siamo così, allora ci meritiamo gli scandali, i politici che rubano e - peggio del peggio - le anime belle, pure, incontaminate, che stanno sui loro scranni asettici, disinfettati, a giudicare, a caricare gli altri di pesi che loro si rifiutano di portare anche solo con un dito, a dire: grazie Dio che non siamo come gli altri uomini, ladri ingiusti, adulteri, maiali, che dicono di aver fatto il master e non sono nemmeno laureati.

Speriamo poi di non renderci conto troppo tardi che il pubblicano davanti a noi tornerà a casa giustificato e noi, invece, con una pietra appena al collo.

Comunque. La Resurrezione alla fine vince la quaresima. E come il Signore, tutte le volte, con le sue risposte ai farisei gli andava tecnicamente in tasca, speriamo di riuscire a farlo anche noi.
Forza Oscar, io sono con te.
E la bandiera di Fare vado ad appenderla al balcone.
E poi torno a lavorare. A scrivere.
Per provare a fermare il declino.