venerdì 27 luglio 2012

Musica sparata nelle orecchie


Ascolto la musica e penso a te.
A tutte le volte che la sparavi forte dalla mansarda. Buffo. Se la mettevamo noi dal piccolo stereo delle nostre camere pioveva una grandine di urla e ci dicevi di abbassare, minacciando che saremmo diventate sorde (nel mio caso forse avevi ragione). Mi ricordo ancora quando mi trinceravo nella mia stanza quindicenne con le coppe, i peluche e i Nirvana ed entravi all'improvviso urlando di spegnere quel troiaio. E poi tu, dal tuo stereo potentissimo con così tante casse che da piccola non sono mai riuscita a far funzionare contemporaneamente, mettevi la tua musica a tutto volume, che non solo si sentiva da tutta la casa, ma anche dal giardino.
Una collina di Baroncelli sonora. Un ingorgo sonoro di Bagno a Ripoli.
Era perché non lo volevi dire a chiare lettere, per non sembrare meno forte, ma volevi segnalare, a modo tuo, che eri di buon umore. Ad averlo capito prima, ne avrei approfittato...

Ieri notte ti ho sentito. Facevi piano, forse per non svegliarmi, come quando venivi in camera mia, quando ero piccola, la notte di capodanno, per bagnarmi le labbra con lo spumante. Secco. Quello dolce non lo hai mai sopportato, come non lo sopporto io.
Pensavi che non ti sentissi, ma ti sentivo eccome. Così, allo stesso modo, è successo ieri.
Lo so che facevi piano perché non volevi che me ne accorgessi. Perché pensi che debba camminare da sola. Perché non vuoi far vedere che mi segui. 
Mi sono messa la mano sulla spalla e ti ho fregato. Ho sentito la tua. E ha stretto la mia spalla.

Mi dice che sono forte.
E non ho più paura di nulla.



sabato 14 luglio 2012

Preghiera per il mio babbo


Esiste un gioco in cui si chiede a dei bambini di fare uno scarabocchio su un foglio. Una serie casuale di linee e curve, senza ordine.
Appena finito di fare lo scarabocchio, ai bambini viene preso il foglio e viene dato a un pittore, che ha tre minuti di tempo per trasformare lo scarabocchio in un disegno.
In tre minuti quelle righe a caso, quei punti, quei tondi, vanno sempre a posto, in ordine, e tutto quello che sembrava brutto e a cui non eravamo riusciti a trovare un perché, di colpo, sotto le mani del pittore, prende senso.
Non è un caso. Il pittore riesce sempre a convertire gli scarabocchi in un disegno.
Ogni volta diverso. Ogni volta bellissimo.

Mi piace pensare che Dio sia come quel pittore.

Noi ne avevamo tanti di scarabocchi: le cose più brutte che abbiamo pensato, quelle che ci hanno fatto soffrire, le urla dalla mansarda, le litigate, i momenti in cui non ci siamo capiti, i nocchini, i bernoccoli, i brillanti persi e dispersi, i morbi, le sigarette, le malattie, i silenzi.
Li abbiamo consegnati tutti. E dietro, dietro a quello che non aveva senso, hanno fatto capolino gli occhi azzurri del babbo, la sua onestà, lealtà, i suoi uccellini disegnati, la testa da mostro fatta con il cartone del Pandoro, il suo fischiettare.
Dietro a quello che non aveva senso, ha fatto capolino un capolavoro che noi ancora non riusciamo nemmeno a immaginare.

Signore, ti preghiamo per questo. Perché Tu tenga stretti tutti i nostri scarabocchi e ci faccia vedere come da quello che non capiamo possa nascere davvero un capolavoro.