Un nome molto più esotico ed evocativo per la nostra nuova casa.
Vi risparmiamo i racconti di case viste, perse e rimpiante, di agenti immobiliari conosciuti e metri quadri esplorati e inesistenti, ma comunque premetto una cosa.
Alberto aveva messo soltanto un veto nella scelta della nuova casa.
"Saschia, sceglila un po' come ti pare - cosa che farai comunque, quindi almeno salviamo la facciata di marito aperto - ma ti chiedo solo una cosa. L'ascensore. Perché nella vita non si può mai sapere: ti fai male, rimani infermo, ti rompi una gamba. L'ascensore è necessario. Su quello non sono pronto a transigere."
E fu così che la nostra firma (firma di entrambi) è stata posta e scintilla in un contratto che alla seconda riga riporta: quarto e ultimo piano. Senza ascensore.
Pronti, partenza, via.
In barba ai tempi moderni, iniziamo la delicata fase della vita (ancora più delicata se si considera che siamo ad agosto) denominata "stiamo traslocando", quella fase dove la tua casa e un po' iltuo modus vivendi diventa l'esatta via di mezzo tra un magazzino dell'IKEA e un corridoio dell'Esselunga, dove scatoloni di roba da mangiare si mescolano a calze, coperte e libri. Un ipermercato di oggetti, tutti ansiosi di seguirti nella tua - e loro - nuova dimora. Praticamente uno stile di vita, dove nella borsa del lavoro ci ritrovi il rotolone assorbente nuovo chemicavorrailasciareincasavecchia e dove inizi a pensare che vivere senza un metro estendibile da 5 mt sempre in tasca sia praticamente una perdita di tempo.
Uno status dove inizi a misurare tutto, in un raptus che meriterebbe almeno almeno una decina di sedute di psicoterapia. Dove impari che la mano aperta sono circa 20 cm, un passo bello lungo dei miei (e uno piccolino di Albe) un metro e un piede ancora non l'ho capito.
Per lo meno fino a quando ti rendi conto, quando prendi le misure vere, che hai sbagliato tutto e che la cucina che pensavi fosse lunga 4 metri abbondanti in verità non supera i 3. Ma ormai è troppo tardi.
Inizia la cronaca del trasloco. Seguiteci.